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Ristoranti Italiani
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Cultura regionale

E vedendo sì bei campi - cita il racconto medioevale - curve armoniose di colline verdi, il Signore si rivolse, dalla carrozza, ad un bracciante che, sudato, si era poggiato alla falce come un guerriero al ferro.
"Hei, tu... mi sai dire dov'è Siena?" e pronto e fiero, con voce scandita nel tipico parlare del luogo, fissi gli occhi in quelli del Nobil'uomo: "salga il monte, scenda il piano... ivi troverà Siena".
Questo quadretto di anonimo fa parte della storia popolare d'Italia, che poi è quella vera, essendo il popolo di lavoratori l'unica cosa certa che sopravviverà nel futuro così come è sopravvissuto sinora.
E ora veniamo al nocciolo gastronomico...
Quale importanza può avere per un ragazzo italiano di quindici anni e per un pensionato dell'Ohio, la lettura di un aneddoto del genere?.. niente di niente.
Quale valore, invece, ha uno di questi flash-back detto, letto o ascoltato da uno dei nostri vecchi, da un agricoltore o da una impiegata già quarantenne: tanto!
Anche un silenzio e una riflessione dicono tanto, perché capire il messaggio fotografico di un racconto del genere fa nascere considerazioni che, con la maturità, con l'assimilazione dell' informazione, non come fatto passivo, ma come tesoro individuale di ciascuno di noi, vuol dire Storia, Arte, Cultura, Tradizionale amore per la ricerca dell'origine della regionalità italiana, che è Italia e che siamo noi.
Evidentemente ogni italiano ha nel proprio patrimonio genetico una predisposizione a raccogliere, conservare, tesaurizzare e sviluppare il filo conduttore, il messaggio che ogni passaggio storico contiene.
Ma che filo conduttore, che DNA debbono aver ereditato i ristoratori italiani nel mondo, ex emigranti, oggi imprenditori inseriti con alterna fortuna nei tessuti sociali di oltre quaranta nazioni nel mondo?
Ebbene, secondo me, hanno avuto un filo conduttore d'acciaio inossidabile.
La sopravvivenza dei legami gastronomici ha impedito che il ricordo e la tradizione culturale d'origine fossero smarriti: si, è così e non si gridi allo scandalo. Sono le trenette al pesto che hanno creato l'occasione di parlare della Liguria e non l'incontro di managers ad ora di pranzo.
Sono stati gli spaghetti e la pizza che hanno creato occasioni di discussione su Napoli, Capri o il Vesuvio e con le notizie di stampa lette occasionalmente a far ricordare le specialità gastronomiche!.
Eppure ho l'impressione che spesso, istituzioni incluse, tutti si vergognino di ammettere che la tavola sia un messaggio sociale, economico, culturale tendendo a far cadere dall'alto della cultura, dei discorsi "per pochi", un argomento così radicato nella natura umana come quello della buona tavola.
Nel decennio della ricerca delle etnie perché non parliamo di cucina regionale italiana.
La unificazione delle manifestazioni all'estero rappresentano un grave errore che avvantaggia solo, e male, le grandi multinazionali. Usiamo la parola ITALIA, che è una unione di spiritualità, di condivisione e di fratellanza, per incollare le diversità meravigliose, indipendenti della cucina Regionale Italiana.
Questa unificazione forzata danneggia tutti i consumatori, perché non capiranno mai "salga il monte, scenda il piano... etc. etc.", ed i produttori, perché nel contesto delle centinaia di prodotti in concorrenza tra loro, tenderanno a livellare le diversità, cioè ad uccidere il vero pregio, il fatto che caratterizza la tradizione, la storia e noi: la regionalità.
Noi, cioè coloro i quali operano nel settore dovrebbero capire che la Regionalità è la filosofia vincente dell' esportazione del prodotto italiano all'estero, dobbiamo, pertanto, promuovere una strategia unitaria che abbia contenuti semplici e comprensibili a tutti. Sono convinto che questo sia il modo migliore per essere vincenti.

   
  Giugno-Luglio 1992
Pag. 21