CHARTA MINUTA


   
 
 
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Federico II di Svevia e la banca per il sud

di CLAUDIO F. FAVA

Barcellona, EUROMED, integrazione del Mediterraneo, sviluppo, quaranta religioni praticate, trenta lingue parlate, che grande “gliuommero”, direbbero i napoletani, è questo Mediterraneo! E la miscela esplosiva delle brucianti notti di Parigi di questo novembre ne è un esempio.
E’ mia personale convinzione che non sia possibile risolvere un benché minimo problema di condivisione del futuro, nel mediterraneo, senza piccoli fatti, piccole cose, singoli avvenimenti concreti, uno in Spagna, uno in Marocco, uno in Palestina, uno in Israele, uno in Italia, perché no, in Sud Italia come la Banca del Sud, centrocampo ideale per le circa ottanta aziende di credito presenti nelle regioni centro-mediterranee.
La somma di queste azioni sarà importante, ma mai quanto la loro proiezione!
E’ un po’ come immaginare tante barche che affrontano a remi il mare in tempesta, da svariate direzioni esse tendono verso una baia sicura, comune.
E’ l’impatto di vederle alla fine tutte insieme, che darà senso alla loro unione, vicinanza, potenza.
Ho già avuto modo di interpretare più volte i segnali del “sistema mediterraneo”, un sistema delicato ed importante insieme, che ha radici antiche ed un futuro controverso.
Da un lato abbiamo le origini, come disse il Cardinale Tonini nel convegno sul mediterraneo nel 2003, “già i greci tendevano ad occupare non solo militarmente ma culturalmente il mare che consideravano loro, perché ne vedevano le grandi possibilità di scambio tra civiltà”.
Dall’altro abbiamo un PIL globale che, se ponderato tra tutti i paesi che vi si affacciano equivale a quello della Repubblica Popolare Cinese.
Dal punto di vista storico Federico II di Svevia nel suo tentativo di egemonizzare la propria cultura, o meglio quella del proprio popolo ha cercato di comprare la non belligeranza dei paesi arabi, dalla Siria all’Egitto per creare un corridoio di scambi che aprisse le porte alla conquista di materie prime e prodotti agricoli in un momento di grande affanno conquistatorio.
La sua fedeltà alla Chiesa a seguito di ciò, fu messa in dubbio proprio grazie alla sua apertura e alla modernità dei suoi atteggiamenti rispettosi nei confronti di ogni concezione religiosa e ideologica. Apertura che gli fruttò numerose scomuniche.
Del resto si può riassumere il suo messaggio con un concetto forte: “integrazione” soprattutto rapportandolo ai suoi tempi e che lo ha visto precursore di questa concezione; un uomo avanti nella storia che, come tutti i precursori, pativa del contrasto tra l’epoca in cui viveva e le sue aspirazioni.
Non è un caso che alla sua corte cominciò una stagione poetica in lingua “volgare” ove confluirono intelletti e culture arabe e romane, cristiane o musulmane.
Dal punto di vista politico come va letta oggi, con la riunificazione europea e l’arrivo di oltre cento milioni di persone e quindi lavoratori dei dieci paesi dell’est, la nuova situazione nel Mediterraneo?
Abbiamo superato il passato, dovendoci difendere anziché espanderci o dobbiamo gettare le basi per un nuovo modo di affrontare destini inevitabilmente comuni, facendo riemergere la modernità di Federico II di Svevia? E’ un problema di convivenza o di condivisione che fa scattare l’insofferenza degli afroasiatici nelle grandi città europee?
Certo le strategie, figlie dei sogni si realizzano con i fatti. Ed è il tempo giusto per decidere quali fare.
Per quanto ci riguarda sarebbe bene che cominciassimo a far funzionare l’integrazione in casa nostra, nelle regioni del Sud Italia, il cui coordinamento in chiave di amalgama potenziale non passerebbe inosservato, viste le potenzialità del Sud, dei giovani del Sud e delle risorse del Sud.
Questo è il primo e più vicino Mediterraneo, questo è il confine con i paesi di religione musulmana fortemente moderati e questo è il ponte sul quale far scorrere le sinergie tra progetti comuni, joint-ventures, Banca del Mediterraneo, Banca del Sud e tutto quanto possa seguire agli accordi di Barcellona ed in linea con gli obiettivi di EUROMED.
In particolare vorrei evidenziare la grande opportunità per i giovani futuri imprenditori del Sud, dell’Art. 54 della finanziaria.
L’Art. 54 della Finanziaria prevede la costituzione dal parte del Ministero dell’Economia di una banca del Sud con un minimo capitale in dotazione.
Per il sud non si fa quasi mai niente. Ed il momento in cui si fa qualcosa, nemmeno va bene.
Parlo del Governo, oggi quello di Berlusconi, ieri di altri, domani chissà.
Molti sono scettici, altri addirittura parlano di pasticciacci ma la verità è sempre la solita: chi ha idee non sa fare e chi ha la possibilità non ha idee. Tranne la criminalità organizzata, che ha tutte e due le cose.
Facciamo una breve considerazione.
Chi scrive, ha avuto l’ardire di proporre la ricostituzione del Ministero del Mezzogiorno, proprio per la centralità dell’Italia nel crocevia gianofronte di :
- ricerca dei mercati del lavoro alternativa a quello Cinese ma più vicini;
- ricerca di dialogo in chiave anti-terroristica fondamentalista.
L’Italia ha la Madiobanca, o meglio il Nord ha Mediobanca, o meglio quattro persone hanno Mediobanca che giustamente va dove crede con la forza di una realtà che si confronta con il fibrillante mercato finanziario europeo di M&A, fusioni, OPA, IPO e quant’altro.
Il Sud ha l’Italia, ma non la sa valorizzare. Fra un piagnisteo “simme do’ sud” e una radicata mentalità assistenzial-politichese, uomini, donne, imprenditori, artigiani e studiosi, tutti forse hanno una grande opportunità: la Devolution!
Ah! Finalmente un’arena che darà a tutti le stesse armi, d’ora in poi! Tra l’altro con territori, storia, cultura, risorse ambientali energetiche che sono uniche non solo in Italia ma nel mondo!
Non esaurite perché mai sfruttate.
Ecco cosa dovrebbe fare la Banca del Sud a condizione che sia attrezzata con sicure professionalità.
Fare da volano alle iniziative sul territorio creando ben più di ciò che è brevemente enunciato nell’Art. 54, fatto in fretta, quasi come un contentino, ma un contentino non è.
Allora innanzitutto occorrerà coinvolgere gli Istituti di Credito del Sud: banche, casse di risparmio, crediti cooperativi, assicurazioni, fondazioni, che sono radicate sul territorio, in un aumento di capitale a 100 milioni. Così da rendere risibile il cheap di soli 5 milioni di euro da parte del Ministero dell’Economia.
Poi ragionare su come fidelizzare lo schema di sviluppo dell’imprenditore locale, legge 488, accordi di programma, partneriato pubblico-privato, Project Financing ed altro, magari non seguendo lo schema di Sviluppo Italia ma quello delle Merchant Banks di ispirazione anglosassone.
Oggi è il momento di premiare chi inventa, il cui “costo industriale” è pari per tutti e non come quello del lavoro, che è mortificato col paragone della Cina.
“Dar da mangiare ad un asino costa come dar da mangiare ad un purosangue”.
La differenza la fa la specie e “l’Italia del sud” è una risorsa, anche con tutte le contraddizioni dalle quali si deve smarcare.

   
  Novembre 2005
Pag. 25-27