SEMINARIO ASPEN
SIRACUSA


   
   

 

LE RETI INFRASTRUTTURALI ELETTRICHE

Premessa

Prima di dare una overwiew della situazione elettrica, propongo una sintesi per rendere più spedito l’inquadramento del problema che seguirà.
L’integrazione deve essere europea in qualsiasi tipo di infrastruttura, o addirittura mediterranea.
La realizzazione deve essere in project-financing, freddo, tiepido, caldo, con qualsiasi temperatura ma senza un aiuto, un incentivo, per l’investitore profit-minded sarà più complesso trovare l’equilibrio tra start-up dell’opera e risultato di esercizio.
Se a ciò aggiungiamo l’esigenza di rendere mediterranea l’influenza operativa di ogni struttura, allora abbiamo definito come servire al meglio il nostro Paese, la nostra cultura, la nostra civiltà.
Non dimentichiamo che, purtroppo, il dato di partenza che ci riguarda è che l’Italia è 53esima nello speciale rating dei Paesi dove è più facile o meglio, meno difficile fare impresa.
Uno degli investment-market che possiamo offrire agli investitori globali, è la possibilità di fare profitto riempiendo la lacuna delle infrastrutture, di ogni tipo, tra ogni confine euro-mediterraneo.
Come ogni saggia valutazione economica, con i Governi che si impegnano a semplificare le procedure nell’iter autorizzativo di una infrastruttura, poter contare su long-term investments in “certezza di diritto” significherà ridurre l’area critica che costituisce il piano di salvataggio energetico dei Paesi europei, Italia inclusa.
La riduzione dei gangli decisionali nel rispetto della valutazione localistica, non può che agevolare l’interesse pubblico per le infrastrutture di qualsiasi natura, a maggior ragione per quelle elettriche che, in Italia sono comunque alimentate per il 70% da materie prime di importazione.

LE INFRASTRUTTURE ELETTRICHE IN ITALIA

Introduzione

L'energia in generale ma soprattutto quella elettrica è un bene a connotazione del tutto particolare e di valenza strategica rispetto ad altri prodotti o servizi. E’ noto infatti che il progresso economico e sociale di un Paese e la competitività dei sistemi produttivi dipendono fortemente non solo dalla capacità di assicurare la disponibilità di energia elettrica nella quantità e qualità necessarie ma anche a prezzi fissi e stabili.
Tali fattori dipendono certamente dalla presenza sul territorio nazionale di risorse fossili o meno (e quindi dal grado di esposizione di un Paese ai mercati esteri), da scelte di politica energetica (tipica quella di dotarsi di centrali nucleari o meno) ma anche dall'efficienza del sistema energetico in generale e dal grado di sviluppo e diffusione delle infrastrutture energetiche.
La strategia che un Paese industrializzato deve perseguire è data dalla garanzia di centrali di generazione efficienti, ben dislocate sul territorio e in quantità tale da assicurare il necessario margine di riserva (10-15% a seconda della composizione del parco produttivo), reti di trasporto di elettricità e gas ben distribuite (tali quindi da limitare le “congestioni”) e reti di distribuzione capillari tali da assicurare il servizio di fornitura energetica su tutto il territorio.
Queste semplici e, credo, condivisibili considerazioni, assieme alla variabile ambientale oggi imprescindibile da qualsiasi scelta in tema di energia, dovrebbero condurre ad una politica energetica condivisa che soddisfi i bisogni di un Paese che come il nostro deve essere competitivo.
E oggi più che mai essere competitivi è una questione ineludibile se vogliamo affrontare con successo il confronto internazionale indotto dai processi di globalizzazione dei mercati: infatti sono cadute da tempo le barriere protezionistiche e non esistono più campioni “nazionali” ma solo “globali”.

Il settore energetico nazionale

In Italia, ancora oggi nonostante le liberalizzazioni ormai avviate da tempo, il settore dell’energia presenta problemi non risolti e diseconomie rilevanti. Infatti i costi energetici nel nostro Paese sono fra i più elevati in Europa e ciò comporta una perdita di competitività per il sistema produttivo e un “peso” economico per le famiglie. Ciò dipende essenzialmente da non corrette politiche energetiche effettuate in passato, alle quali si sono aggiunte le note difficoltà di “accettazione” delle infrastrutture da parte dei cittadini che hanno generato la teoria del NIMBY. Ciò ha condotto ad una “cronica” dipendenza dall’estero per le fonti primarie di produzione dell’energia per di più provenenti da aree geopoliticamente instabili.
E’ ovvio che le riforme di mercato da sole non possono portare ai risultati attesi in termini di prezzo e di sicurezza di approvvigionamenti: servono interventi ulteriori che, in settori come quello dell’energia elettrica e del gas dove gli assett (reti e impianti di produzione e di stoccaggio) sono fondamentali, incidano anche sulle dotazioni infrastrutturali. I fattori che determinano la suddetta condizione di svantaggio dell’Italia sono diversi ma in maggioranza riconducibili a scelte strategiche intraprese in passato e fino ad oggi non corrette attraverso un cambiamento di rotta. Esse si possono riassumere in un mix delle fonti di produzione di energia elettrica assolutamente non adeguato in quanto:

1. fortemente sbilanciato (circa 80%) sulle fonti fossili (vedi slide 1): in particolare l’elevatissimo peso occupato dal gas naturale (negli ultimi sei anni la quota del gas nella produzione elettrica italiana è passata dal 35% al 51% e, all’interno della produzione termoelettrica, dal 44% al 62%) per di più associato alla posizione di “esclusività” di pochi fornitori con le note problematiche di rigidità del trasporto via pipeline;
2. assenza del nucleare e limitato ricorso ad una fonte economica, ampiamente disponibile e ben distribuita a livello planetario come il carbone.

Tali criticità non appaiono superabili nel breve-medio termine per cui i prezzi dell’energia nel nostro paese sono destinati a mantenersi su livelli elevati ancora per un lungo periodo con conseguente perdita di competitività del Paese.

Sviluppo del parco produttivo nazionale

Dato il costante incremento della domanda di energia elettrica (vedi slide 2 e 3), nel corso degli ultimi anni, si è assistito ad un graduale rinnovamento del parco termoelettrico italiano: oltre alla trasformazione in ciclo combinato di centrali elettriche già esistenti, se ne sono aggiunte anche di nuove, con la stessa tecnologia, preferita per il basso costo d’impianto, l’alto rendimento e le limitate emissioni inquinanti che la caratterizzano. Complessivamente, secondo l’ultimo aggiornamento del Ministero dello Sviluppo Economico (MSE), dal 2002 sono stati autorizzati circa 45 impianti di produzione termoelettrica con potenza termica maggiore di 300 MW (fino ai 300 MW la competenza autorizzativa, tranne che per la Sardegna, è regionale), di cui 23 con le procedure previste dalla legge 55/02 (c.d. legge “sbloccacentrali” e 22 con la precedente procedura autorizzativa comunemente nota come “Allegato IV” (un fatto noto solo agli “addetti ai lavori” è che lo “sbloccacentrali” oltre a semplificare il procedimento autorizzativo per i nuovi impianti ha consentito anche di portare a termine una nutrita lista di autorizzazioni presentate ai sensi della precedente normativa che erano in sospeso presso il Ministero dell’Ambiente). In definitiva tra vecchie e nuove domande di autorizzazione si renderanno disponibili circa 21.400 MW elettrici, qualora venissero tutti realizzati.
Nella slide 4 si riporta l’evoluzione della potenza di generazione a partire dal 2000 fino al 2010 in base alle informazioni ricevute dal MSE tenendo conto sia dei cantieri avviati che di quelli da avviare. Si nota l’accelerazione nell’ingresso dei nuovi impianti a partire dal 2002 a seguito dell’entrata in vigore della citata legge “sbloccacentrali”; in particolare, se tutta la potenza programmata dovesse essere realizzata, al 2010 si avrà un margine di riserva di circa il 20% (a fronte del 5% del 2003, anno in cui si è avuto il black out di giugno che, diversamente da quello del settembre dello stesso anno, era effettivamente dovuto a carenza di potenza di generazione).
Quasi tutti i nuovi impianti programmati sono a ciclo combinato a gas naturale, soprattutto per rispondere alle spinte ambientali, inclusa quella relativa al riscaldamento globale del Pianeta, fatto che incoraggia la realizzazione di impianti a gas ad alta efficienza e scoraggia quelli alimentati a carbone, combustibile che potrebbe invece dare un valido contributo alla riduzione dei costi di generazione e alla sicurezza degli approvvigionamenti.

La rete di trasmissione nazionale

Il sistema della rete di trasmissione nazionale è chiamato a rispondere alle diverse esigenze che si presentano nella gestione della rete. Da un lato vi sono le esigenze di approvvigionamento e gestione della sicurezza del sistema elettrico nazionale. Dall’altro le esigenze di ridurre il più possibile i vincoli di rete a favore dello scambio di energia tra le varie aree del Paese, garantendo comunque il rispetto dei requisiti ambientali e sociali e, non ultimo, l’equilibrio dei prezzi per i generatori (oggi diversi tra le varie zone di mercato) e una riduzione dei prezzi per i consumatori.
In particolare, il protrarsi di una situazione con marcati vincoli di rete, potrebbe condurre a limitazioni nell’approvvigionamento e negli scambi di potenza, col rischio di non coprire il fabbisogno alla punta con sufficienti margini di riserva, riducendo peraltro l’efficienza della rete stessa, con perdite complessive molto elevate e con il rischio di una significativa riduzione del livello di qualità del servizio.
Altro elemento non trascurabile è quello di riuscire a mantenere a livelli accettabili le perdite di rete, oggi intorno al 6%. Tale risultato è ancora più importante, se si considerano i notevoli incrementi previsti sia del fabbisogno che della generazione.
Per quanto riguarda lo sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale (RTN), le relative attività programmate da Terna in termini di impegno realizzativo e di impatto sulla rete sono evidenziare nel Piano di Sviluppo (PdS).
Al riguardo si osserva che, nell’ultimo decennio, a causa delle difficoltà di carattere autorizzativo, la realizzazione di nuovi elettrodotti nel nostro Paese ha subito un forte rallentamento, ponendo lo sviluppo della rete in ritardo rispetto alla crescita dei volumi transitati su di essa. Il tasso di utilizzo della rete rappresenta un indicatore dell’adeguamento della consistenza della rete alla domanda di energia elettrica ed è definito come il rapporto tra i consumi ed i chilometri di linea realizzati. Nell’ultimo trentennio i valori del tasso di utilizzo in Italia hanno segnato un trend in costante crescita, mentre la media dei Paesi europei UCTE[*] è rimasta pressoché invariata, a dimostrazione del ritardo italiano nella realizzazione di nuove linee rispetto all’Europa. Esempi eloquenti sono le due ultime realizzazioni di un certo rilievo quali la linea di import dalla Svizzera Robbia – San Fiorano (circa 1.000 MW) e la Matera – Santa Sofia, entrambe sbloccate recentemente dopo oltre 10 anni di stallo per motivi ambientali.
Con la realizzazione degli interventi previsti nel PdS 2006 proposto da Terna sarà possibile ridurre o quantomeno non accrescere ulteriormente gli attuali livelli di impegno della rete, a vantaggio della sicurezza ed efficienza del servizio di trasmissione. In particolare risultano programmate 60 nuove stazioni di trasformazione e smistamento e nuove linee per circa 3.350 km.

Incremento della capacità di importazione dall’estero

Un discorso a parte meritano le nuove interconnessioni con l’estero data la maggiore economicità dell’energia elettrica prodotta dai Paesi confinanti e quindi la necessità di massimizzarne l’import. Nella slide 5 vengono riportate le attuali linee di interconnessione dell’Italia con i Paesi aderenti all’UCTE.
Le analisi mostrano che, a completamento delle opere previste nel PdS a breve/medio termine (innanzi tutto l'interconnessione con la Slovenia), la capacità di importazione alla frontiera settentrionale vedrebbe un incremento di circa 1000 MW, peraltro con un sensibile aumento della sicurezza di esercizio, in particolare sul versante Nord-Est.
A tale valore potrebbe sommarsi l'incremento non trascurabile di potenza ad oggi prevedibile per le realizzazioni di interconnector privati in un orizzonte temporale equivalente. Nel lungo periodo, il programma realizzativo degli studi e degli interventi delle opere di interconnessione previste nel PdS, risulta strettamente legato a quello degli interconnector privati, con una possibile sovrapposizione e/o rimpiazzamento di interventi sulla rete ad altissima tensione. Le analisi preliminari mostrano dunque che, nel lungo periodo, ipotizzando una realizzazione combinata di interconnessioni previste nel PdS di Terna e interconnector privati, la capacità di importazione alla frontiera settentrionale potrebbe crescere ulteriormente di un valore compreso tra i 1000 e i 2000 MW.
Estendendo inoltre l'osservazione alle altre frontiere elettriche della Penisola e delle isole maggiori, potrà risultare fattibile nel lungo periodo la realizzazione di interconnessioni in cavo sottomarino con i Paesi Balcanici e il Nord Africa, con un incremento di import stimabile in ulteriori 1500-2000 MW, sempre che vengano completate le opere di sviluppo della Rete di Trasporto Nazionale previste e/o allo studio nello stesso arco temporale.
Queste realizzazioni porterebbero una maggiore sicurezza per il sistema elettrico nazionale e internazionale, minore dipendenza del nostro Paese da un ristretto numero di “sistemi” fornitori di energia, e porrebbero l’Italia al centro del sistema elettrico europeo nel ruolo di “hub” energetico nell’anello mediterraneo (c.d. Med Ring) la cui realizzazione è fortemente caldeggiata dalla UE.
Infatti la creazione di un sistema elettrico integrato a livello internazionale, offre vantaggi in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, in una fase di continua crescita dei consumi, grazie alla maggiore disponibilità di energia, diversificazione geografica e alla possibilità di un forte supporto tra gli Stati membri. Inoltre, consentirebbe all’Italia l’importazione di energia a minor costo, si stima fino al 30% in meno rispetto alla generazione nazionale, a vantaggio di imprese e famiglie e quindi della competitività del Paese.
Attualmente la rete di trasmissione dell’energia elettrica italiana è interconnessa con l’estero attraverso 17 linee (vedi slide 5). La creazione di un vero mercato europeo dell’energia non può prescindere dall’ulteriore sviluppo e dal rafforzamento dei collegamenti internazionali. Per questo sono già in programma, nel PdS, alcuni interventi per il potenziamento delle interconnessioni per oltre 650 milioni di euro.

In particolare, per quanto riguarda la frontiera nord sono da menzionare:

SLOVENIA la realizzazione di un nuovo elettrodotto a 380 kV “Udine Ovest – Okroglo”, che consentirà di aumentare l’import in sicurezza dalla frontiera nord orientale per un valore di circa 1.000 MW;
FRANCIA sono stati avviati, dal 2005, studi congiunti con il gestore francese RTE al fine di verificare soluzioni per incrementare la capacità di trasmissione tra il Piemonte e il territorio francese;
SVIZZERA sono allo studio possibili interventi per il potenziamento delle interconnessioni mediante il riclassamento dell’elettrodotto esistente in Valchiavenna dai 220 kV attuali a 380 kV.

Per quanto riguarda il versante adriatico sono già programmati il collegamento con i Paesi Balcanici ed una serie di interventi per progetti di assistenza tecnica in:

CROAZIA con la quale è stato firmato il 3 ottobre 2006 di un Memorandum of Understanding tra Terna e il gestore di rete croato HEP-OPS per un progetto di interconnessione via cavo sottomarino da 500-1.000 MW (240 km di lunghezza) il cui investimento stimato è di circa 300 milioni di euro, con start up previsto al 2011;
ALBANIA per un progetto di interconnessione con cavo sottomarino da 500-1.000 MW per una lunghezza di oltre 200 km e un investimento stimato di oltre 300 milioni di euro;
MONTENEGRO con l’ipotesi di approdo del cavo di interconnessione con i Balcani; questa realizzazione rappresenta oggi l’approdo alternativo all’Albania, ma può diventare complementare in caso di forte sviluppo del parco di generazione montenegrino e serbo-kosovaro.

Inoltre, va sottolineato che Terna:

sta collaborando per la realizzazione della parte elettrica del c.d. “Corridoio 8” che la UE ha ritenuto strategico per lo sviluppo dell’area attraverso l’interconnessione di BULGARIA - MACEDONIA – ALBANIA;
fornisce assistenza tecnica alla società elettrica albanese KESH (la gara vinta ha un valore di circa 2,9 milioni di euro e un impegno di trenta mesi) finalizzata a migliorare l’efficienza organizzativa e gestionale delle aziende elettriche albanesi e creare le condizioni per le connessioni con l’Italia e la creazione del Corridoio 8;
ha vinto la gara di assistenza tecnica ad UNMIK, l’amministrazione ad-interim delle Nazioni Unite nella regione; tale attività, finanziata dalla Commissione Europea, riguarda lo studio del sistema di trasmissione associato allo sviluppo della nuova centrale a lignite di Kosovo C, la cui costruzione è prevista nei prossimi anni.

Per quanto riguarda il versante del Nord Africa, Terna ha presentato al MSE i seguenti studi di fattibilità per collegamenti nell’area del Mediterraneo:

TUNISIA con il gestore tunisino sono state verificate le condizioni tecnico/economiche per la realizzazione di un collegamento con la Sicilia per una capacità di trasporto pari a 1000 MW;
ALGERIA con il gestore algerino sono state individuate due alternative di collegamento, una con la Sardegna ed una con la Campania, entrambe per una capacità di trasporto pari a circa 500/1000 MW;
LIBIA con il gestore libico sono in fase conclusiva studi congiunti circa un collegamento con la Sicilia attraverso l’isola di Malta per una capacità di trasporto pari a circa 500/1000 MW.

[*] Union for the Co-ordination of Transmission of Electricity

   
  Ottobre 2007