SPECCHIO
ECONOMICO


   
 
 
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Finanza di progetto

Una nuova Frontiera per il settore bancario

Come spesso è capitato in passato, le novità non sono portate a conoscenza degli interessati in modo corretto, e questo avviene per colpa di chi le delibera, che è così lontano dal mondo reale da non capire l'errore di sottovalutare l'informazione. Ma anche per colpa di chi dovrebbe cogliere quei vantaggi di carattere finanziario, contando sulla fedeltà dei propri correntisti che conosce spesso da decenni: il sistema bancario. La legge 415/'98 ha riproposto, per iniziativa privata, i contenuti dell'iniziativa pubblica; la 144/'99 ha costituito l'Unità tecnica di finanza di progetto che svolge azione di assistenza e consulenza solo per le aziende pubbliche. Come può il privato dipanarsi in questo dedalo di corsie senza il supporto del più stretto collaboratore o partner finanziario che abbia mai avuto, ossia la propria banca?

Certamente il rinascimento creato dalla finanza di progetto nel settore del partenariato pubblico-privato va colto in primis dalla banca. Ma quale tipo: banca tradizionale, venture capital, corporate banking, investment banking? Siamo in ritardo e, nonostante il grande valore creato dalla «legge obiettivo» del dicembre 2001, se non fosse per il settore dei trasporti non esisterebbero progetti sufficienti per rilanciare l'enorme riserva di produttività che nasconde il Paese.

Per la prima volta le banche finanziano un'impresa senza chiedere garanzie personali ma solo sulla valutazione della redditività dell'«attività svolta; nonostante ciò, dinanzi agli sportelli delle banche non si vedono file di imprenditori con proposte «calde, tiepide o fredde», secondo il gergo della finanza di progetto». Allora non è vero che l'Italia è un Paese di creativi, di professionisti, di imprenditori. Ai piccoli e medi imprenditori, ma spesso anche ai grandi, tocca rimboccarsi come al solito le maniche e cercare di capire come e dove è utile proporre un piano di finanza di progetto che preveda, attraverso un accordo tra i settori pubblico e privato che comprenda una concessione, la possibilità di creare ricchezza secondo un budget pluriennale, fino a 35 anni, la cui redditività sia in grado di essere attualizzata, per realizzare un'opera.

Il buon esito di un'operazione di finanza di progetto è il risultato di un «gioco di squadra» in cui agiscono diversi operatori. Il ruolo di ognuno, modellato su specifiche capacità tecnico-professionali, è pariteticamente decisivo e strettamente complementare. Gli scopi originari di coloro che promuovono l'iniziativa determinano motivazioni indotte in quelle parti che, pur non partecipando al finanziamento del progetto, svolgono un ruolo tecnico, operativo, legale e consultivo altrettanto utile e determinante in un'operazione del genere.

Un esclusivo riguardo viene indirizzato alla tutela delle parti sul rispetto delle regole contrattuali da loro poste in essere e no, quindi sugli interessi che sottintendono a una tale operazione. Il primo impulso a tutta l'operazione è offerto dall'ideatore del progetto. L'idea può trovare origine nel settore privato o pubblico. Nel primo caso protagonista è l'impresa che lega alla propria idea una serie di obiettivi: conquistare ex novo una fetta di mercato; accrescere la propria attività nel settore specifico dell'iniziativa, magari anche in mercati stranieri sotto la spinta del processo di globalizzazione economica; aumentare il prestigio aziendale; puntare allo sviluppo tecnologico.

Nella seconda ipotesi protagonista è un soggetto pubblico come lo Stato, gli enti locali, agenzie governative che, per il loro ruolo istituzionale, agiscono in base a motivazioni decisamente diverse dal soggetto privato, esulando dalla pura logica del profitto. L'iniziativa pubblica si correla ad obiettivi di politica economica quali, per esempio, favorire lo sviluppo dell'occupazione, ridistribuire territorialmente o settorialmente la ricchezza nazionale, sopperire al fabbisogno di infrastrutture. Per essere concretizzata, l'idea progettuale va sostenuta finanziariamente. Entrano così in gioco i promotori che apportano il capitale di rischio, e i finanziatori che apportano il capitale di debito. Normalmente coincidono con gli ideatori del progetto, privati o pubblici, ma tale coincidenza non è automatica ma solo eventuale: infatti, il capitale di rischio può essere conferito anche da chi, pur non essendo stato ideatore dell'iniziativa, si aspetta un ritorno conveniente.

Un'azione spesso trainante per il decollo di un progetto è svolta dal «venture capitalist». Si tratta di un soggetto che svolge congiuntamente attività di finanziamento e di prestazione di servizi. Nella struttura di un'operazione di finanza di progetto il suo intervento si realizza in più fasi:

Early-stage financing: consiste nell'offrire il capitale «di semina» nella fase di sviluppo del progetto; seppure i rischi sono altissimi, l'impiego di capitale sarà modesto;

Expansion financing: se l'idea dovesse rilevarsi vincente, questa fase richiederà capitali notevoli e il rischio sarà di solito distribuito tra i diversi partecipanti, che spesso si aggregano per iniziativa di una merchant bank;

Leverage-management by out: in questa fase la società di venture capital si inserisce nel processo finanziario acquisendo direttamente e con stock option parte delle quote della SPV (Special Purpose Vehicle) dietro versamento di capitale di rischio.

Il successo dell'iniziativa e l'affermazione dell'azienda sul mercato esauriscono il ruolo del venture capitalist; lo stesso avvierà la fase di «going public» diretta ad ottenere la quotazione ufficiale in Borsa. Anche le pubbliche autorità possono fungere da ideatori o promotori di un'operazione. Il loro ruolo diventa decisivo per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali. L'intervento pubblico ha una duplice valenza: da un lato consente la realizzazione di opere che, per la loro particolare natura, sono sottratte all'area di interesse privato; dall'altro tende all'accrescimento delle risorse disponibili indirizzando il sistema economico verso lo sviluppo in termini sia reali che monetari.

Quando il progetto è da realizzare in un Paese in via di sviluppo, i rischi si accentuano e gli Stati, per ovviare agli inconvenienti, offrono alle imprese nazionali garanzie sotto forma di assicurazioni e assistenza attraverso agenzie governative o istituzioni sopranazionali multilaterali, aventi lo scopo di promuovere gli investimenti e lo sviluppo economico a livello mondiale o in alcune aree del globo.

Il ruolo della banca advisor è quello di consulente finanziario che valuta e struttura tutti gli elementi del progetto e, contemporaneamente, formula un piano per il reperimento dei fondi. È un compito di estrema delicatezza in quanto si tratterà di realizzare l'idea su basi anche alternative a quelle eventualmente proposte dagli operatori; si dovranno poi valutare attentamente tutti i rischi che l'operazione comporta, ricercando le strategie migliori per minimizzarli anche attraverso la predisposizione di una serie di vincoli contrattualistici da sottoporre alle parti che interverranno nel progetto.

L'elaborazione del progetto eseguita dall'advisor viene quindi sottoposta al cosiddetto «arranger», che avrà il compito di acquisire i fondi necessari. L'arranger, in genere, è una banca commerciale che per esperienze pregresse, per la forza finanziaria e per una consolidata e riconosciuta penetrazione sui mercati finanziari internazionali, viene ritenuta idonea a gestire questa raccolta. Inoltre 1'arranger generalmente s'impegna a garantire la disponibilità dei fondi richiesti anche in assenza di finanziatori interessati.

Sulla base delle informazioni ricevute la banca advisor valuterà la sostenibilità dell'iniziativa. Le linee guida che le vengono fornite dovranno contenere indicazioni positive sull'equilibrio fra entrate e uscite e sulla capacità dei ricavi di coprire i costi operativi dopo il pagamento del debito. La fattibilità dell'iniziativa sarà sottoposta successivamente a una serie di forzature improntate ad ipotesi pessimistiche, per stimarne l'adattabilità ad eventuali scostamenti dalle previsioni e la capacità di sopravvivenza in caso di eventi negativi.

Tali variabili possono essere di due specie, endogene e esogene: le prime hanno un carattere essenzialmente interno e possono variare autonomamente allo scopo di migliorare l'economicità o la funzionalità del progetto; quelle esogene dipendono da fattori estemi all'iniziativa e pertanto non solo risultano meno prevedibili, ma possono presentare minori adattabilità. Uno dei compiti più delicati che si troverà ad affrontare l'advisor è quello di ricercare e contrastare tutti i ri­schi insiti nel progetto. La loro identificazione permetterà di porli a carico dei vari partecipanti all'iniziativa, in modo da responsabilizzare al massimo ogni operatore. In tal modo si ammortizzeran­no, in maniera non traumatica, eventuali avvenimenti negativi o imprevisti.

La fase che più presenta rischi è la costruzione dell'impianto. Un semplice ritardo nella sua consegna o, in casi più gravi, la sospensione dei lavori; un'imprevista lievitazione dei costi e uno standard di prestazioni, a ultimazione avvenuta, inferiore alle attese, sono frequenti in tali operazioni, per cui le banche finanziatrici, tra le altre forme di garanzie, prevedono l'accollo di tali rischi ai costruttori. Nella fase operativa, invece, i rischi maggiori possono consistere in una domanda inferiore alle aspettative. Un tale problema, che di per sé basterebbe a sovvertire tutti i piani economici e finanziari, potrebbe essere conseguenza, però, di una ben più devastante eventualità come una marcata inflazione. Essa si ripercuoterebbe in maniera triplamente negativa sul progetto: i costi di costruzione e quelli operativi subirebbero un'inevitabile impennata; la domanda prevista potrebbe subire una sensibile flessione in conseguenza di una revisione al rialzo delle tariffe o del prezzo del prodotto offerto; l'inevitabile aumento dei tassi di interesse si ripercuoterebbe immediatamente sia sul conto economico sia sulla situazione finanziaria.

Esistono poi altri rischi non facilmente prevedibili e aggirabili; per tutti questi i finanziatori potrebbero pretendere, dalle SPV, un'ulteriore garanzia: la costituzione di un fondo speciale denominato «riserve account» al quale attingere in caso di necessità. L'aspetto economico è l'obiettivo principale dei promotori, i quali mireranno a portare al massimo i loro profitti e quindi la redditività del capitale investito. Tale redditività, che si misura con l'indice economico ROE (return on equity) è per gli investitori doppiamente importante; un ROE elevato, infatti, oltre ad esprimere un buon risultato aziendale, si ripercuote positivamente sul valore dell'azienda che, rispetto ad altre similari, può vantare una migliore attitudine a conseguire profitti.

Tale aspetto non deve essere sottovalutato, in quanto i promotori potrebbero trovarsi nella condizione di dover procedere a un aumento di capitale previsto, per esempio, dal «security package»; quasi sempre è stabilito, infatti, un rapporto costante fra il capitale proprio e quello di debito per cui, qualora esso dovesse deteriorarsi, l'unica soluzione possibile sarebbe l'aumento del capitale sociale. In tale circostanza, pertanto, un buon livello del ROE potrebbe facilitare la collocazione delle nuove azioni fra gli investitori attratti dalle elevate remunerazioni. È evidente l'importanza di questo indice se si tiene presente che lo spirito è quello di finanziare un progetto autoremunerante; esso dovrà essere capace di produrre reddito sufficiente a coprire i costi operativi, a rimborsare i finanziatori e a remunerare il capitale di rischio.

Paradossalmente però, quantunque di estremo interesse, il ROE non è un determinante nella valutazione del progetto; nella generalità dei casi si preferisce basarsi sul margine operativo lordo (MOL) prospettico che, derivando esclusivamente dalla differenza fra costi e ricavi operativi e non tenendo conto della gestione finanziaria, potrà meglio indicare la potenzialità dell'iniziativa circa il pagamento del debito e dei relativi interessi. In base a un indice recentemente introdotto negli studi di analisi di gestione, attraverso il rapporto fra gli interessi passivi e il MOL si individuano le possibi­lità e l'agio dell'azienda a non sopportare un certo grado di indebitamento.

A integrazione di quanto affermato c'è da aggiungere che, nella valutazione dell'economicità di un'iniziativa, riveste un ruolo determinante il confronto fra la ricchezza da essa prodotta e i costi sostenuti per la sua realizzazione. Solo se i flussi generati saranno superiori agli investimenti sarà il caso di concretizzare il progetto.

   
  Febbraio 2004